may, 2020
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14mayAll Day14 - Mese di maggio per i fedeli - quattordicesimo giorno
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Giorno decimoquarto ---------- Preparazione e avviso. Vae cum benedixerint
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Giorno decimoquarto
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Preparazione e avviso.
Vae cum benedixerint vobis homines (b1). (Luc. 6. v. 26.)
1. Osserva, o figlio secondo i lumi della divina Sapienza quanto sia lagrimevole la cecità dei miseri mondani, che amano di essere lodati dagli uomini, che stimano felici e beati coloro che incontrano l’approvazione, e l’acclamazione del secolo, senza vedere che tali lodi sono il prodotto di un secolo malvagio, che è tutto radicato nel male, e nel vero male, e senza avvertire che la umana natura fu già rovinata coll’adulazione dell’infernale serpente, e che si accresce la sua rovina, o almeno se ne rinnuova il pericolo, tutte le volte che si rinnuova da uno verso l’altro l’adulazione. Pensa, o figlio, che io con affetto materno ti voglio lontano da tale pericolo, e molto più dalle conseguenze lagrimevoli dell’adulazione.
2. Perciò ascolta, o figlio ascolta rispettosamente il divin Verbo incarnato, che secondo i lumi della divina Sapienza dice a tutti: Guai a voi quando gli uomini vi adulassero: e ciò disse con amore infinito, indirizzando le parole a tutte le anime perchè per la via umile si disponessero alla esaltazione nel Regno dei Cieli, mentre al contrario se avessero amato le lodi e adulazioni degli uomini che fomentano la superbia anderebbero ad essere umiliati nell’inferno. Pensa, o figlio che Io tua Madre, e Gesù Mio Figliuolo, e Fratello tuo ti aspettiamo ai sublimi posti della gloria, perciò procura di odiare le umane lodi, adulazioni, e mondane acclamazioni: medita spesso il tuo niente, e l’abisso profondo delle tue miserie, e quanto più in tal modo diverrai umile, tanto più ti disporrai a maggiore perpetua esaltazione.
3. Ma se nel giro dei brevi giorni della tua vita, l’amor proprio più gagliardemente ti sforzasse ad amare le vane acclamazioni mondane, allora voglio, o figlio, che con maggiore fiducia, e impegno, guardi in fede il tuo divino esemplare, e mio divino Figliuolo Gesù che sebbene fosse meritevole infinitamente delle acclamazioni di tutte le creature passate, presenti, future, e possibili; anzi degnissimo di lodi infinite, pure le fuggiva, e se alla luce di sì luminoso esemplare ti mancasse il coraggio d’imitarlo, ricorda ch’Egli colla sua vita umile, e lontana dalle acclamazioni vane del mondo ti ha procurato presso del Trono dell’Altissimo un sagro diritto per avere tutte quelle grazie, che ti sono necessarie per imitarlo perfettamente. Dunque pensa o figlio che se non imiterai il tuo divino esemplare Gesù è colpa tua, e perciò anche per colpa tua non giungeresti alla celeste esaltazione.
Ossequio.
L’ossequio che ti domando è questo: Ama il disprezzo e odia l’adulazione.
Giaculatoria.
E nel dirla intendi di domandare specialmente il dono di amare di essere disprezzato, e di odiare l’adulazione.
Fioretto.
Soffrirai volontariamente qualunque disprezzo.
Successo di eccitamento di divozione a Maria Madre di misericordia e Refugio dei peccatori.
Oh tremendi effetti dell’adulazione! Nel principio del secolo decimonono un giovanotto conservato innocente sino dall’età di quindici anni, era stimato un Angelo, ma disgraziatamente per le parole lusinghiere di altro giovane dissoluto in breve perduta la innocenza corse sì celeramente la via del peccato che in breve divenne perfino pregiudicato nelle massime di religione tanto che quando da suoi vizj ridotto ad essere un cadavere in piedi, e poi vicino a morire nel suo letto, dette segno d’incredulità anche al Sacerdote, che fu chiamato per disporlo al momento terribile della morte: il Ministro di Dio allora dolcemente domandò all’infermo un favore, e quegli si stimava deriso come si espresse, ma il Sacerdote di buon cuore parlava, perchè gli soggiunse, che voleva che almeno domandasse lume celeste per conoscere Iddio; e convennero insieme che il dì seguente vi sarebbe stato di ritorno: Correva in tal circostanza il mese di Maggio sagro a Maria SS., furono fatte dell’Orazioni non poche, e nelle Chiese e nelle Comunità religiose della Città: il dì seguente si trovò l’infermo illuminato, compunto, convertito, e perciò si confessò con segni di vera penitenza: ma che? pochi momenti dopo la partenza del Ministro di Dio entrato nella Camera dell’infermo quel dissoluto compagno, che gli aveva fatto perdere l’innocenza, nel punto che l’infermo gli esprime il giubilo del cuore per essersi confessato, lo riprende con disprezzo, lo chiama vile, e dappoco, e di poco talento per avere aderito alle religiose richieste del Sacerdote, e aggiunte altre parole in disprezzo del Ministro del Signore, e in adulazione dei talenti dell’infermo, l’infermo non regge a tali assalti, ricade nell’errore sino al punto di dire: eh mi ha sorpreso, basta se torna io non lo ammetterò a discorso, e penserò come prima. Infatti tornato il Sacerdote, mentre si avvicinava al letto dell’Infermo sempre più aggravato, grida l’Infermo che se ne vada, lo chiama impostore, si dichiara ch’Egli non intende di avere fatta la sua confessione, e la ritrattazione di un giuramento indebito, grida, e torna a gridare che se ne vada: il Sacerdote prudentemente si ritira pel timore di non cagionare colla sua presenza che l’infermo divenga vittima delle sue strida. Ma oh terribile situazione del giovane! a misura che il Sacerdote si allontana dall’infermo, e dalla Camera vieppiù cade in ismanie di disperazione in guisa che nel gridare oh che pena! oh che Inferno, che pena che Inferno (senza più chiamare Iddio) resta morto nel punto che il Sacerdote giunge alla porta dell’abitazione dell’Infermo, che spirato lascia il suo cadavere deforme, nero, fetente da cagionare come cagionò alto stupore.
Tre Gloria Patri e Litanie.